Cammino quaresimale
La Vergine Maria, Madre della Speranza,interceda per noi e ci accompagni nel cammino quaresimale.
La Chiesa, madre e maestra, ci invita a preparare i nostri cuori e ad aprirci alla grazia di Dio per poter celebrare con grande gioia il trionfo pasquale di Cristo, il Signore, sul peccato e sulla morte. (Dal Messaggio per la Quaresima 2025 di Papa Francesco)
Con la speranza di prepararci bene, come Comunità, a celebrare il Mistero pasquale di Cristo crocifisso e risorto, auguro a tutti una Buona e Santa Pasqua!
Propongo alla vostra riflessione il Messaggio per la Quaresima di Papa Francesco e quello del nostro Arcivescovo, Mons. Corrado Lorefice
Don Filippo Sarullo Parroco
in questa pagina:
- Il messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2025 >>
- Il messaggio dell'Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice per la Quaresima 2025 >>
- Il programma delle attività pastorali per la Quaresima >>
- Il Sacramento della Riconciliazione nei giorni della Quaresima 2025 >>
- Il programma della Settimana Santa 2025 >>
Cari fratelli e sorelle!
Con il segno penitenziale delle ceneri sul capo, iniziamo il pellegrinaggio annuale della santa Quaresima, nella fede e nella speranza. La Chiesa, madre e maestra, ci invita a preparare i nostri cuori e ad aprirci alla grazia di Dio per poter celebrare con grande gioia il trionfo pasquale di Cristo, il Signore, sul peccato e sulla morte, come esclamava San Paolo: «La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» (1Cor15,54-55). Infatti Gesù Cristo, morto e risorto, è il centro della nostra fede ed è il garante della nostra speranza nella grande promessa del Padre, già realizzata in Lui, il suo Figlio amato: la vita eterna (cfrGv10,28; 17,3)[1].
In questa Quaresima, arricchita dalla grazia dell’Anno Giubilare, desidero offrirvi alcune riflessioni su cosa significacamminare insieme nella speranza, e scoprire gli appelli alla conversione che la misericordia di Dio rivolge a tutti noi, come persone e come comunità.
Prima di tutto,camminare. Il motto del Giubileo “Pellegrini di speranza” fa pensare al lungo viaggio del popolo d’Israele verso la terra promessa, narrato nel libro dell’Esodo: il difficile cammino dalla schiavitù alla libertà, voluto e guidato dal Signore, che ama il suo popolo e sempre gli è fedele. E non possiamo ricordare l’esodo biblico senza pensare a tanti fratelli e sorelle che oggi fuggono da situazioni di miseria e di violenza e vanno in cerca di una vita migliore per sé e i propri cari. Qui sorge un primo richiamo alla conversione, perché siamo tutti pellegrini nella vita, ma ognuno può chiedersi: come mi lascio interpellare da questa condizione? Sono veramente in cammino o piuttosto paralizzato, statico, con la paura e la mancanza di speranza, oppure adagiato nella mia zona di comodità? Cerco percorsi di liberazione dalle situazioni di peccato e di mancanza di dignità? Sarebbe un buon esercizio quaresimale confrontarsi con la realtà concreta di qualche migrante o pellegrino e lasciare che ci coinvolga, in modo da scoprire che cosa Dio ci chiede per essere viaggiatori migliori verso la casa del Padre. Questo è un buon “esame” per il viandante.
In secondo luogo, facciamo questo viaggioinsieme. Camminare insieme, essere sinodali, questa è la vocazione della Chiesa[2]. I cristiani sono chiamati a fare strada insieme, mai come viaggiatori solitari. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire da noi stessi per andare verso Dio e verso i fratelli, e mai a chiuderci in noi stessi[3]. Camminare insieme significa essere tessitori di unità, a partire dalla comune dignità di figli di Dio (cfrGal3,26-28); significa procedere fianco a fianco, senza calpestare o sopraffare l’altro, senza covare invidia o ipocrisia, senza lasciare che qualcuno rimanga indietro o si senta escluso. Andiamo nella stessa direzione, verso la stessa meta, ascoltandoci gli uni gli altri con amore e pazienza.
In questa Quaresima, Dio ci chiede di verificare se nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nei luoghi in cui lavoriamo, nelle comunità parrocchiali o religiose, siamo capaci di camminare con gli altri, di ascoltare, di vincere la tentazione di arroccarci nella nostra autoreferenzialità e di badare soltanto ai nostri bisogni. Chiediamoci davanti al Signore se siamo in grado di lavorare insieme come vescovi, presbiteri, consacrati e laici, al servizio del Regno di Dio; se abbiamo un atteggiamento di accoglienza, con gesti concreti, verso coloro che si avvicinano a noi e a quanti sono lontani; se facciamo sentire le persone parte della comunità o se le teniamo ai margini[4]. Questo è un secondo appello: la conversione alla sinodalità.
In terzo luogo, compiamo questo cammino insiemenella speranzadi una promessa. Lasperanza che non delude(cfrRm5,5), messaggio centrale del Giubileo[5], sia per noi l’orizzonte del cammino quaresimale verso la vittoria pasquale. Come ci ha insegnato nell’EnciclicaSpe salviil Papa Benedetto XVI, «l’essere umano ha bisogno dell’amore incondizionato. Ha bisogno di quella certezza che gli fa dire: “Né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezze né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm8,38-39)»[6]. Gesù, nostro amore e nostra speranza, è risorto[7]e vive e regna glorioso. La morte è stata trasformata in vittoria e qui sta la fede e la grande speranza dei cristiani: nella risurrezione di Cristo!
Ecco la terza chiamata alla conversione: quella della speranza, della fiducia in Dio e nella sua grande promessa, la vita eterna. Dobbiamo chiederci: ho in me la convinzione che Dio perdona i miei peccati? Oppure mi comporto come se potessi salvarmi da solo? Aspiro alla salvezza e invoco l’aiuto di Dio per accoglierla? Vivo concretamente la speranza che mi aiuta a leggere gli eventi della storia e mi spinge all’impegno per la giustizia, alla fraternità, alla cura della casa comune, facendo in modo che nessuno sia lasciato indietro?
Sorelle e fratelli, grazie all’amore di Dio in Gesù Cristo, siamo custoditi nella speranza che non delude (cfrRm5,5). La speranza è “l’ancora dell’anima”, sicura e salda[8]. In essa la Chiesa prega affinché «tutti gli uomini siano salvati» (1Tm2,4) e attende di essere nella gloria del cielo unita a Cristo, suo sposo. Così si esprimeva Santa Teresa di Gesù: «Spera, anima mia, spera. Tu non conosci il giorno né l’ora. Veglia premurosamente, tutto passa in un soffio, sebbene la tua impazienza possa rendere incerto ciò che è certo, e lungo un tempo molto breve» (Esclamazioni dell’anima a Dio, 15, 3)[9].
La Vergine Maria, Madre della Speranza, interceda per noi e ci accompagni nel cammino quaresimale.
Roma, San Giovanni in Laterano, 6 febbraio 2025, memoria dei Santi Paolo Miki e compagni, martiri.
FRANCESC0
Carissime, Carissimi,
la Quaresima sopraggiunge come tempo opportuno, trampolino di lancio che ci immerge nelle acque rigeneranti e trasfiguranti della Pasqua del Signore Gesù (cfr Rm 6,3-5) per essere sempre più «rivestiti di Cristo» (Gal 3,27), «spirito datore di vita» (1Cor 15,45), e guadagnare in Lui ‘relazioni pasquali’ riscattate dalla desolazione della solitudine e della morte, dal narcisismo e dalla brama di potere che generano e seminano emarginazione, paura, oppressione, inimicizia.
Questo tempo liturgico, lungo i suoi quaranta giorni, contiene e libera una forza performante di conversione. Coinvolge tutto il nostro essere – il corpo con il digiuno, l’intelligenza con la preghiera, i sentimenti con l’elemosina – e lo ri-centra in Cristo che ci ha amati fino a morire per noi!
Palestra di memoria – attraverso un più prolungato ascolto della Parola di Dio contenuta nelle Scritture – la Quaresima ci aiuta a dare voce alla «domanda del giorno pasquale» (Bose, Inno di Quaresima) e ci prepara, vigilanti nell’attesa, ad aprire la porta a Cristo risorto, il Veniente che viene a bussare e a farsi nostro Commensale (cfr Ap 3,20), e ad «avere cuore capace di pianto» (Bose, Inno di Quaresima) quando, come ci ricorda l’altro ‘tempo forte’ dell’Avvento, «egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo, perché lo accogliamo nella fede e testimoniamo nell’amore la beata speranza del suo regno» (Prefazio II).
La Quaresima ci chiede di tenere lo sguardo fisso sul Christus passus et patiens, sul Cristo che patisce nella pazienza, rimanendo sottomesso e costante nel bene, fedele nell’amore a Dio e agli uomini, anche nella passione e nella morte. Per questo diventa un tempo che ravviva e rinvigorisce la speranza, poiché «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio» (2Cor 5,21). Su questo fondamento ineludibile Paolo annuncia: «La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).
Mi sovviene il motto dei monaci certosini, Stat crux dum volvitur orbis (Salda rimane la Croce mentre il mondo gira), che mi accompagna – inciso nel mio stemma episcopale – ormai da quasi 10 anni. Lo scelsi perché fui chiamato dal Nunzio Apostolico proprio il 6 ottobre, memoria di San Bruno fondatore dell’Ordine. Il simbolo certosino della croce piantata sul globo terrestre, indica il supremo punto stabile di riferimento e di salvezza in mezzo ai mutamenti del mondo. È il segno supremo dell’amore di Dio in Cristo per noi uomini: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3, 16). È, dunque, emblema di speranza.
L’anno scorso a Roma, nella chiesa di San Marcello al Corso, lessi una frase che era stata collocata per la mostra del Cristo di San Giovanni della Croce, detto anche il Cristo di Port Lligat, dipinto da Salvador Dalì durante la sua rinascita spirituale: «Se vuoi una parola di speranza fissa lo sguardo in Lui solo. Vi troverai più di quanto desideri». In preparazione al Giubileo del 2025, Pellegrini di speranza, l’espressione era stata liberamente tratta dall’opera del grande santo spagnolo Salita del Monte Carmelo: «Guarda bene a lui e saprai che in lui ho fatto e detto molto più di quanto mi domandi. Se vuoi che ti risponda con qualche parola di consolazione, guarda mio Figlio, a me obbediente e per amor mio sottomesso e sofferente, e avrai molte risposte» (II, 22, 5-6). Mi aiutò a fissare lo sguardo sul Cristo dipinto dal geniale maestro di Port Lligat che si era ispirato al disegno-reliquia del Cristo Crocifisso tracciato tra il 1572-1575 dalla mano di San Juan de la Cruz su un piccolo foglietto, dopo aver avuto in preghiera una visione. Dalì dipinge – come spiega nel catalogo il curatore dell’evento don Alessio Geretti – il Cristo visto dall’alto, così come lo vede il Padre. Chi contempla il quadro non vede il volto del Crocifisso. La croce è un solido pesante sospeso nel vuoto oscuro che sovrasta il paesaggio-mondo. Cristo non è inchiodato al legno, né c’è traccia di sangue. Per Dalì, Gesù “sceglie” di essere crocifisso consapevolmente e liberamente, e soprattutto per amore. Il suo sacrificio non ha bisogno di essere trattenuto da uno strumento di tortura. La sua sofferenza è tutta nel peso che lo tira e lo trascina, che tende ogni muscolo del suo corpo.
Il Cristo pende sul mondo nel buio, mentre si offre ed è offerto dal Padre nell’Amore. Questo tremendo e affascinante effluvio Trinitario d’amore garantisce che il mondo giunga a un porto di salvezza come si vede in basso, nella veduta di Port Lligat – il luogo della creatività di Dalì – figura dell’intero mondo che in questo luogo si riconosce. Il paesaggio è infatti una baia tranquilla circondata da tenui colori e soffusa di luce. Una barca è sulla spiaggia con alcune figure di pescatori che rassettano le reti come nella ‘prima chiamata’ del lago di Galilea. Sono figure inconsapevoli di ciò che sta accadendo – nel fitto buio sovrastante – all’Amore Crocifisso, ma comunque immersi nella grazia, nella luce della speranza, nell’armonia pacificata e pacificante del paesaggio che fa da cornice ad un cielo terso e a un mare blu in bonaccia. Quella luce e quell’armonia della parte inferiore della tela è il mondo così come lo vede Cristo, un mondo finalmente non più sopraffatto da tenebre pesanti ma rischiarato e rasserenato, quasi una insenatura assoluta dove spira una brezza leggera come di nuova creazione. È anche quel lago di Tiberiade da dove cominciò la missione di Gesù di Nazareth chiamando i primi discepoli, emblema di tutti i poveri; il luogo della prima ora, del primo innamoramento e, soprattutto, dell’appuntamento finale dopo la resurrezione (cfr Mt 28,10). Sul cartiglio della croce non è scritto niente. È la pagina su cui tutti quelli che fissano lo sguardo su Gesù possono e devono scrivere la storia riscattata dalle tenebre, riscritta dall’amore che egli riversa nei cuori, perché il mondo sia come, con pazienza e costanza, continua a vederlo Lui.
«In croce il Cristo ci attira, le braccia distese sul mondo, andiamo all’incontro nuziale, è questo il tempo di grazia» (Bose, Inno di Quaresima): con queste parole che la liturgia in Quaresima mette sulle labbra del nostro cuore, mi rivolgo alla mia amata Comunità diocesana.
Fissiamo su Cristo Crocifisso il nostro sguardo. Io, voi – Carissime, Carissimi – non siamo il frutto del nulla gettato nel caos del mondo per caso. Siamo amati, e ciascuno e ciascuna di noi ha accanto amati, come noi. Contemplando in questo tempo liturgico Colui che ci ha amati di un amore più grande (cfr Gv 15,13), riscopriamo e rigustiamo la bellezza della fraternità cristiana, della nostra appartenenza alla Chiesa; la bellezza dell’appartenenza all’unica famiglia umana, oltre ogni confine geografico, di cultura o religione! Anche quando attorno a noi e nel mondo tutto sembra dire il raffreddamento dell’amore e l’avanzamento dell’inimicizia e dell’indifferenza, noi tutti siamo immersi nell’immenso amore di Dio, che continuamente ci rigenera, ci ospita e ci rende fecondi nella speranza e nella carità.
Come scrive l’Autore della lettera agli Ebrei, «la fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono» (Eb 11,1). Così la speranza diventa «uno strumento conoscitivo di straordinaria lungimiranza, acutezza, lucidità» (C. M. Martini). È una forza di vita e di relazione incoercibile e incrollabile. Non perché siamo forti. Conosciamo, infatti, anche noi limite, fragilità, paure. Ogni giorno anche il vostro vescovo fa esperienza del suo limite, della sua fragilità, delle sue paure, mentre si misura con un compito così complesso e impari rispetto alle sue capacità e forze!
Rivolgiamo, Carissime, Carissimi, il nostro sguardo all’Amore crocifisso. Ritorniamo a Lui «con tutto il cuore, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore» (Gl 2,12-13). Riponiamo la nostra fede solamente in Lui.
«Entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto» (Mt 6,6), annuncia il vangelo del Mercoledì delle Ceneri. Non lesiniamo tempo al Signore. Asteniamoci dal perdere tempo dietro a cose che ci fanno male umanamente e che ci confondono spiritualmente. Ognuno di noi nel segreto della sua coscienza sa quante energie spreca ogni giorno per cose futili e alienanti. Stiamo di più con il Signore Gesù, rimaniamo più a lungo in Lui. Vedremo zampillare in noi la speranza e la speranza attiverà la forza trasfigurante della carità che, come ci ricorda l’apostolo Paolo, «è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine» (1Cor 13, 4-8). Di carità messianica ha bisogno questo nostro mondo.
«Madre della speranza, veglia sul nostro cammino, guida i nostri passi verso il Figlio tuo» (C. Bizzetti).
+ Corrado, Arcivescovo - Arcivescovo
5 marzo MERCOLEDI’ DELLE CENERI
- Ore 07.30 Messa e imposizione delle Ceneri
- Ore 16.30 Liturgia di imposizione delle Ceneri per i bambini del Catechismo
- Ore 18.00 Messa presieduta dall’Arcivescovo e imposizione delle Ceneri
7 - 14 - 21 - 28 MARZO E 4 - 11 APRILE VENERDI' DI QUARESIMA
- Ore 17.15 Via Crucis; ore 18.00 Messa
Domenica 9 marzo
- ore 11,00 Ritiro gruppo famiglie - locali parrocchiali di Piazza Vittoria 10
Martedì 25 marzo ore 21.00
- Adorazione eucaristica in Cattedrale
Venerdì 28 marzo ore 21.00
- Liturgia penitenziale in Cattedrale presieduta dall’Arcivescovo
Lunedì 31 marzo ore 21.00
- Via Matris interparrocchiale (Cattedrale, S. Ippolito e S. Stanislao). Itinerario dalla Cattedrale e conclusione nella chiesa Ss. Cosma e Damiano.
Martedì 1, Mercoledì 2 e Giovedì 3 aprile ore 21.00
- Esercizi spirituali per la zona pastorale “Rendere ragione della speranza che è in noi”, presso la Parrocchia S. Giuseppe Cafasso, tenuti da Don Luca Crapanzano
Venerdì 4 aprile ore 21.00
- Via Crucis delle zone pastorali del I e II Vicariato. Itinerario: dalla Parrocchia di S. Anna sino alla Cattedrale.
Giovedì 10 aprile ore 21,00 in Cattedrale
- Riflessione in preparazione alla Pasqua: SPES NON CONFUNDIT. Ancorati alla speranza: nn 18-23 della Bolla di indizione del Giubileo tenuta dal Prof. Paolo Curtaz
Venerdì 11 aprile ore 21.00
- Via Crucis cittadina
Martedì 15 aprile ore 16.30
- Via Crucis per i bambini del Catechismo
Auspico che il frutto più bello di questi incontri formativi sia una buona confessione per un’adeguata preparazione alla Pasqua, così come esorta a fare Papa Francesco nell’omelia del Mercoledì delle Ceneri del 2020: Auspico che il frutto più bello di questi incontri formativi sia una buona confessione per un’adeguata preparazione alla Pasqua, così come esorta a fare Papa Francesco nell’omelia del Mercoledì delle Ceneri del 2020:
«La Quaresima è tempo di guarigione. Che cosa fare dunque? Nel cammino verso la Pasqua possiamo compiere due passaggi: il primo, dalla polvere alla vita, dalla nostra umanità fragile all’umanità di Gesù, che ci guarisce. Possiamo metterci davanti al Crocifisso, stare lì, guardare e ripetere: “Gesù, tu mi ami, trasformami… Gesù, tu mi ami, trasforma mi…”. E dopo aver accolto il suo amore, dopo aver pianto davanti a questo amore, il secondo passaggio, per non ricadere dalla vita alla polvere. Si va a ricevere il perdono di Dio, nella Confessione, perché lì il fuoco dell’amore di Dio consuma la cenere del nostro peccato. L’abbraccio del Padre nella Confessione ci rinnova dentro, ci pulisce il cuore. Lasciamoci riconciliare per vivere come figli amati, come peccatori perdonati, come malati risanati, come viandanti accompagnati. Lasciamoci amare per amare. Lasciamoci rialzare, per camminare verso la meta, la Pasqua. Avremo la gioia di scoprire che Dio ci risuscita dalle nostre ceneri».
RIFLESSIONE SULL’ATTO DI DOLORE DI PAPA FRANCESCO
(Dal discorso di Papa Francesco ai partecipanti al corso sul Foro Interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica, 8 marzo 2024).
[…] Vorrei proporvi di riflettere assieme su un’orazione semplice e ricca, che appartiene al patrimonio del santo Popolo fedele di Dio e che recitiamo durante il rito della Riconciliazione: l’Atto di dolore.
Nonostante il linguaggio un po’ antico, che potrebbe anche essere frainteso in alcune sue espressioni, questa preghiera conserva tutta la sua validità, sia pastorale che teologica. Del resto ne è autore il grande Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, maestro della teologia morale, pastore vicino alla gente e uomo di grande equilibrio, lontano sia dal rigorismo sia dal lassismo.
Mi soffermerò su tre atteggiamenti espressi nell’Atto di dolore e che penso possano aiutarci a meditare sul nostro rapporto con la misericordia di Dio: pentimento davanti a Dio, fiducia in Lui e proposito di non ricadere.
Primo: il pentimento. Esso non è il frutto di un’autoanalisi né di un senso psichico di colpa, ma sgorga tutto dalla consapevolezza della nostra miseria di fronte all’amore infinito di Dio, alla sua misericordia senza limiti. È questa esperienza infatti a muovere il nostro animo a chiedergli perdono, fiduciosi nel la sua paternità, come recita la preghiera: «Mio Dio, mi pento e mi dolgo, con tutto il cuore, dei miei peccati», e più avanti aggiunge: «perché ho offeso Te, infinitamente buono». In realtà, nella persona, il senso del peccato è proporzionale proprio alla percezione dell’infinito amore di Dio: più sentiamo la sua tenerezza, più desideriamo di essere in piena comunione con Lui e più ci si mostra evidente la bruttezza del male nella nostra vita. Ed è proprio questa
consapevolezza, descritta come “pentimento” e “dolore”, che ci spinge a riflettere su noi stessi e sui nostri atti e a convertirci. Ricordiamoci che Dio non si stanca mai di perdonarci, e da parte nostra non stanchiamoci mai di chiedergli perdono!
Secondo atteggiamento: la fiducia. Nell’Atto di dolore Dio è descritto come «infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa». È bello sentire, sulle labbra di un penitente, il riconoscimento dell’infinita bontà di Dio e del primato, nella propria vita, dell’amore per Lui. Amare «sopra ogni cosa», significa infatti mettere Dio al centro di tutto, come luce nel cammino e fondamento di ogni ordine di valori, affidandogli ogni cosa. Ed è un primato, questo, che anima ogni altro amore: per gli uomini e per il creato, perché chi ama Dio ama il fratello (cfr 1 Gv 4,19-21) e cerca il suo bene, sempre, nella giustizia e nella pace.
Terzo aspetto: il proposito. Esso esprime la volontà del penitente di non ricadere più nel peccato commesso (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1451), e permette l’importante passaggio dall’attrizione alla contrizione, dal dolore imperfetto a quello perfetto (cfr ivi, 1452-1453). Noi manifestiamo questo atteggiamento dicendo: «Propongo, con il tuo santo aiuto, di non offenderti mai più». Queste parole esprimono un proposito, non una promessa. Infatti, nessuno di noi può promettere a Dio di non peccare più, e ciò che è richiesto per ricevere il perdono non è una garanzia di impeccabilità, ma un proposito attuale, fatto con retta intenzione nel momento della confessione. Inoltre, è un impegno che assumiamo sempre con umiltà, come sottolineano le parole «con il
tuo santo aiuto». San Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars, usava ripetere che «Dio ci perdona anche se sa che peccheremo di nuovo». E del resto, senza la sua grazia, nessuna conversione sarebbe possibile, contro ogni tentazione di pelagianesimo vecchio o nuovo.
Vorrei infine richiamare alla vostra attenzione la bellissima conclusione della preghiera: «Signore, misericordia, perdonami». Qui i termini “Signore” e “misericordia” appaiono come sinonimi, e questo è decisivo! Dio è misericordia (cfr 1 Gv 4,8), la misericordia è il suo nome, il suo volto. Ci fa bene ricordarlo, sempre: in ogni atto di misericordia, in ogni atto d’amore traspare il volto di Dio.
CONFESSORI IN CATTEDRALE NELLE SETTIMANE DI QUARESIMA
Lunedì: ore 9.00 - 11.00 Mons. Gino Lo Galbo
Martedì: ore 8.15 - 10.15: Mons. Francesco Conigliaro
Mercoledì: ore 8.00 - 11.00: Mons. Pietro Passantino
Giovedì: ore 9.00 - 11.00: Mons. Giovanni Oliva
Venerdì: ore 8.15 - 10.15: Mons. Francesco Conigliaro
Sabato: ore 8.15 - 10.15: Mons. Francesco Conigliaro
DOMENICA DELLE PALME - 13 aprile
- Ore 8.45 - 9.45 - 18.00 S. Messe
- Ore 11.00 S. Messa Pontificale presieduta dall’Arcivescovo
LUNEDI’ MARTEDI’ e MERCOLEDI’ SANTO - 14 - 15 - 16 aprile
- Ore 7.30 - 18.00 S. Messe - Durante il giorno è possibile confessarsi
GIOVEDI’ SANTO - 17 aprile
- Ore 9.30 S. Messa Crismale;
- ore 18.00 S. Messa In Cena Domini
- Ore 22.30 Adorazione all’Altare della Reposizione, animata dagli alunni del Seminario Arcivescovile - Nel pomeriggio è possibile confessarsi
VENERDI’ SANTO - Passione del Signore - 18 aprile
- Ore 8.00 Ufficio delle Letture e Lodi - Presiede l’Arcivescovo
- Ore 18.00 Liturgia della Passione - Presiede l’Arcivescovo - Durante il giorno è possibile confessarsi
SABATO SANTO - 19 aprile
-
- Ore 8.00 Ufficio delle Letture e Lodi - Presiede l’Arcivescovo
- Ore 22.30 Solenne Veglia Pasquale presieduta dall’Arcivescovo - Durante il giorno è possibile confessarsi
DOMENICA DI RISURREZIONE PASQUA DEL SIGNORE 9 APRILE
- Ore 8.45 - 9.45 - 18.00 S. Messe
- Ore 11.00 Solenne Messa Pontificale presieduta dall’Arcivescovo
Con questa speranza che il Signore Risorto ci dona, auguro a tutti una Buona e Santa Pasqua! ( Don Filippo Sarullo, Parroco)
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La nostra attenzione per i poveri la viviamo per mezzo della Caritas Parrocchiale, alla quale vorremo destinare beni alimentari. Li consegneremo domenica 12 marzo e Domenica delle Palme 2 aprile. I sacchetti con i viveri li presenteremo all’altare al momento dell’offertorio. Le offerte in denaro potranno essere lasciate nella cassetta a muro con l’iscrizione Offerte per i poveri, posta tra le cappelle di S. Ignazio e del beato Pietro Geremia