Colonna sonora della tappa:

Molte sono le analisi antropologiche sul Festino ed in tanti si sono soffermati sul carattere quasi profano dei festeggiamenti del 10 - 15 luglio rispetto a quelli ritenuti più squisitamente religiosi della "acchianata" del 4 settembre per raggiungere la grotta sul monte Monte Pellegrino dove Rosalia nel 1170 concluse il suo viaggio terreno.

Per chi vive il festino, come gli autori delle foto in mostra che da oltre 20 anni lo raccontano attraverso le emozioni colte nei visi della gente di Palermo, sa benissimo, come ha scritto il Villabianca che i giorni del festino sono un tempo/spazio sacro che il popolo considera appannaggio tutto suo del suo parlare con la sua Santa Patrona. La città in questi giorni si ritrova religiosamente insieme, anche durante gli eventi che possono apparire profani, per "esprimere un unico bisogno religioso di protezione" e chiederne la salvezza dai suoi mali, dalle sue debolezze, dalle sue miserie.

La grande partecipazione di folla che accompagna i diversi eventi del Festino ci danno la dimensione di come i suoi giorni siano quelli in cui, rispetto a tutto il resto dell'anno, una gran parte di Palermo si riscopra comunità , con un comune sentire, in cui barriere sociali e culturali. che creano separazione,  trovano quasi un afflato di fraternità nella devozione e nell'affidarsi a S. Rosalia.

Anche la forma a vascello del Carro trionfale su cui ogni 14 luglio S. Rosalia, simboleggiata da una grande statua, attraversa la città da monte a mare, e la forma dell'Arca della preziosa Urna a reliquiario in cui sono custoditi i Resti mortali della Santa Patrona che il 15 di luglio vengono portati in processione per le vie della Città, in qualche modo comunicano il senso della comunità solidale, del siamo tutti sulla stessa barca, dove nessuno si può salvare da solo. A tal proposito Don Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo, nel suo discorso in occasione del Festino 2018 così si è rivolto alla Città:

"Il patrono della nostra Italia, Francesco d’Assisi, a cui vogliamo guardare stasera dal nostro vascello, propugnava e difendeva la fraternitas. Per Francesco, nel Cristo fratello, diventano fratelli sia il lebbroso esiliato fuori dalla città, sia il vicino di casa, il prossimo più prossimo. Per Francesco, cioè, la fraternità significa che siamo tutti figli, tutti sullo stesso piano, responsabili gli uni degli altri, legati reciprocamente con un vincolo inscindibile. Quello che ci raduna in nome di un Padre e ci raccoglie alla fine tra le braccia di una terra madre. La paternità di Dio per Francesco infatti era il principio di una nuova nascita: non la nascita di un popolo di figli omologati, ma di un popolo di diversi, di donne e di uomini che si riconoscono diversi e per questo si rispettano, per questo si accolgono, per questo imparano anche a dissentire, a discutere, sapendo che la relazione è l’unica strada. Fratelli diversi, ma fratelli. 

Sempre l'Arcivescovo di Palermo, Don Corrado Lorefice, nel discorso alla Città per il Festino 2019 così ha detto:

"Quella ragazza coraggiosa – Rosalia – apparve, si levò, nei giorni della peste, per custodire Palermo. Seguirne le orme vuol dire per noi affrontare con coraggio l’abisso, non temere il diluvio – di parole vuote, di gesti arroganti, di impulsi violenti, di strategie di potere –, decidere di ascoltare la parola della nostra Patrona che ci spinge a proteggere e a salvaguardare Palermo, il nostro paese, il nostro mondo. Non possiamo essere donne e uomini del «si salvi chi può», donne e uomini che mancano al loro stesso essere, trascinati dall’indifferenza, dalla preoccupazione per sé stessi, secondo la spietata massima: «prima noi!».

Noi no! Vogliamo essere dinanzi al diluvio costruttori di arche della salvezza e della custodia, dove entreremo per ultimi, dopo aver fatto spazio a tutti. Papa Francesco ad Abu Dhabi (4 febbraio 2019), riprendendo il racconto biblico, ha parlato dell’arca, ed è forse questa l’unica immagine di casa che ci è confacente quest’oggi: «abbiamo bisogno di entrare insieme, come un’unica famiglia, in un’arca che possa solcare i mari in tempesta del mondo: l’arca della fratellanza».

Approfondimenti:

Contributi video:


Luogo della mostra: Il Vicolo Brugnò

“(il vicolo) è la dimostrazione di come un luogo possa tramandare e veicolare ulteriori significati in grado di sedimentare il ricordo e la tradizione della Santa protettrice,  l’attraversamento del vicolo permette infatti all’osservatore di immergersi in uno spazio carico di sacralità e di forte devozione. La strada perde il suo ruolo originario e diventa un museo a cielo aperto i cui custodi sono gli stessi abitanti del vicolo”.  (Maria Giulia Franco, semiologa)  link a tutto l'articolo >>


Le foto esposte

Vincenzo Russo è fotografo professionista, opera a Palermo. Come ama presentarsi fotografa di tutto e continuerà a farlo con la voglia grande di promuovere le bellezze della sua splendida Sicilia

Tommaso Calamia è foto amatore che da anni per il sito web della Cattedrale segue il Festino cercando di cogliere dal volto della "gente" le emozioni di una umanità in cammino.

Patrona amata dalla nostra città di Palermo,
guidaci nell'avventura della comunione,
la nostra appartenenza a Cristo
ci renda sempre più autenticamente fratelli e sorelle,
perché la città degli uomini diventi fraterna e accogliente,
e corrisponda alla città di Dio a cui noi aspiriamo. (Don Corrado Lorefice)