"Ci sveglia dalla peste e ci dice che è possibile sognare"

L'idea progettuale

Nell'agosto 2022, dopo il tragico momento pandemico, tre sognatori della città di Palermo, si sono trovati a Palazzo Villafranca. Proprio tra le mura del palazzo settecentesco, nel quale è custodita una tela di van Dyck, che ci ricorda i tristi eventi e il miracolo del 1624, il professore Fabrizio Lupo e il professore Filippo Sapienza e il dott. Gaspare Simenti hanno cominciato a "sognare" il Festino 2023.
Con impegno, passione, dedizione e, perché no, devozione per la Santuzza, l'onirico si è trasformato in realtà.

La sintesi del progetto

Nell’ ottobre 1623, a Palermo, Girolama La Gattuta, originaria di Ciminna, si trovava malata e in fin di vita nell’Ospedale Grande. Si rivolse a quella che lei credeva una suora infermiera per chiedere di bagnarle un po’ le labbra, tanto era arsa dalla sete. Appena la giovane monaca si avvicinò le disse: “Non dubitare che sei sana, fai voto di andare a Montepellegrino”. Girolama capì che era santa Rosalia. Il terzo giorno fu completamente guarita.
È l’antefatto del fatto in sé. Il festino di santa Rosalia ha una sorta di preambolo che inizia ancor prima del proliferarsi della peste. La sua genesi è nel sogno. Il sogno di una donna. Nella concezione biblica, il sogno ha tutte le caratteristiche della rivelazione divina, premonitore sempre di fatti ed eventi straordinari. L’intera tradizione biblica è costellata da sogni.
Il 399° festino di santa Rosalia è già l’anniversario profetico del quarto centenario.
I fatti che vedranno Rosalia diventare patrona della città iniziarono attraverso i sogni, passando per i sogni, diventando sogni concreti: la liberazione della città. Questa storia ha due grandi protagonisti che non sono grandi nomi del Viceré o del Cardinale, ma una popolana, Geronima - promotrice dello scavo - e di un saponaro, Vincenzo Bonelli, colui che toglierà ogni dubbio sull’autenticità delle ossa. Entrambi guidati da sogni e visioni, entrambi portatori di un evangelo, cioè di una buona notizia: il cielo non si è dimenticato di noi. L’azione divina che intercetta quella umana è la prova tangibile che nessuno di salva da solo. Il Festino, ogni anno, ce lo ricorda.
Il 399° Festino ci sveglia dalla peste e ci dice che sognare è possibile. Sono trascorsi 400 anni e possiamo dire e affermare che credere ai sogni è possibile.
La Festa di Rosalia è un sogno iniziato secoli fa e che continua a farci sognare, adattandosi di anno in anno, incarnando le vicissitudini della città, diventando il luogo di un sogno collettivo. Rosalia è il sogno di Palermo. Palermo canta. Palermo spera. Palermo desidera. L’edizione 400 (– 1) non può che essere un sogno, che ha tutte le caratteristiche dell’attesa. Una straordinaria edizione che è una sorta di gestazione prima di poter vivere il compimento di una promessa tanto antica e tanto nuova. Non celebriamo il passato, ma il suo incarnarsi nell’oggi. Nulla è passato se lo si rivive e lo si rigenera. Nella logica che quel bene, quella speranza, quella fede che hanno riempito la vita di Rosalia non possono essere incatenati. Passano i secoli e noi siamo ancora qui a parlarne e la sentiamo ancora: quel profumo di una donna che attraversa il tempo nei sogni delle donne e degli uomini, per dare speranza ad ogni tempo e per ogni tempo.
I simboli: Il cielo, la notte, la luna, la vergine, il dragone, gli angeli.
Nel linguaggio iconografico, i simboli hanno un forte potenziale comunicativo e riescono a rendere tangibile anche l’astratto. L’idea del festino/sogno deve trasmettere tutta l’idea dell’incanto, dell’impalpabile e concreto, riuscendo a comunicare tutta l’accondiscendenza celeste verso l’umanità. Apparve nel cielo un segno grandioso, una donna vestita di sole (d’oro), con la luna sotto i suoi piedi. Questa scena è tratta dal libro dell’apocalisse che la tradizione cristiana ha visto come immagine della Madre di Dio. La donna del testo biblico combatte contro il dragone antico, la ferocia del male contro l’innocenza della vergine, che fugge per vincere nel deserto (che in greco si traduce έρημος: eremo)
Rosalia è la fanciulla capace di venire incontro con la sua delicatezza, capace di lasciare il cielo ed incontrare le donne e gli uomini di ieri e quelli oggi. La vergine fugge per sconfiggere la bestia, corre verso l’eremo, il deserto diventa la sua dimora. È il silenzio dell’eremo che vince la peste e nel silenzio dei sogni arriva la redenzione. Per questo, per l’idea progettuale del carro, è possibile pensare ad un enorme luna luminosa, pronta a rischiarare la notte del Festino, riuscendo a essere elemento significativo della volta celeste. La luna attraversa la città; fisicamente il cielo tra le donne e gli uomini, con la vergine del monte prossima, vicina al suo popolo (come ha espressamente chiesto Fratel Biagio Conte), per essere contemporaneamente del popolo e per il popolo, tramite tra la terra e il cielo, icona capace di riflettere la Grazia. Nell’edizione 399 vogliamo riportare Rosalia vicina al suo popolo, come fu nel 1623-25, per poi essere glorificata e assunta come nume tutelare della città.